L’obiettivo della profilassi antibiotica delle infezioni chirurgiche è quello di prevenire l’infezione del sito chirurgico…Surgical Site Infection, SSI, riducendo il carico di microrganismi nel sito chirurgico durante l’intervento chirurgico.
Per raggiungere questo obiettivo, l’anestesista somministra, nella fase preoperatoria un agente antimicrobico attivo contro gli agenti patogeni che hanno maggiori probabilità di contaminare il sito chirurgico.
Per la profilassi antibiotica delle infezioni chirurgiche l’anestesista somministra l’antimicrobico nella dose e nei tempi più appropriati per assicurarsi che raggiunga adeguate concentrazioni sieriche e tissutali durante il periodo di potenziale contaminazione.
L’anestesista inoltre limita la somministrazione della profilassi antimicrobica al periodo più breve possibile per minimizzare gli effetti avversi, l’insorgenza di resistenza e i costi.
La cefazolina è il farmaco di scelta per la profilassi antimicrobica di molte procedure ed interventi chirurgici.
Per le procedure cardiache l’anestesista usa in prima battuta la cefazolina.
Per la chiururgia gastroduodenale, pancreatica e biliare la prima linea è sempre della cefazolina
Per La chirurgia dell’intestino tenue non ostruito si usa la cefazolina come prima scelta.
Per la chirurgia colorettale si usa la cefazolina con il metronidazolo e poi ci sono opzioni di seconda linea.
Per la chirurgia urologica laparotomica e laparoscopica si usa la cefazolina.
Per l’isterectomia e il parto cesareo cefazolina.
Per la neurochirurgia, la chirurgia di testa e collo e l’ortopedia cefazolina.
Stessa cosa per la chirurgia toracica, vascolare, la chirurgia oncologica della mammella e le procedure percutanee.
La cefazolina è una cefalosporina di prima generazione.
Ha uno spettro d’azione che include molti dei microorganismi comunemente incontrati in chirurgia. È attivo contro streptococchi, stafilococchi sensibili alla meticillina e molti microrganismi gram-negativi.
Per la profilassi antimicrobica si somministrano 2 g di cefazolina per i pazienti sotto i 120 kg e 3g per i pazienti sopra i 120 kg.
La cefazolina può essere infusa in 3-5 minuti.
La profilassi con cefazolina deve essere iniziata 60 minuti prima dell’incisione chirurgica.
Se 4 ore dopo la prima somministrazione preoperatoria la procedura chirurgica è ancora in corso è necessario risomministrare la cefazolina.
Questo perché l’emivita della cefazolina per via endovenosa varia da 1 a 2 ore e la risomministrazione deve avvenire dopo un tempo pari a due volte l’emivita della cefazolina.
La risomministrazione intraoperatoria di una seconda dose di cefazolina può anche essere giustificata da fattori che ne riducono l’emivita, come le ustioni estese e gli interventi chirurgici in cui vi è una perdita di sangue maggiore di 1500 ml.
Una seconda somministrazione intraoperatoria di cefazolina non è invece necessaria per i pazienti con insufficienza renale in cui l’emivita della cefazolina è prolungata.
Non è necessario ripetere la cefazolina dopo la chiusura della ferita chirurgica.
E se la profilassi viene continuata nel periodo postoperatorio, la sua durata non dovrebbe superare le 24 ore, per evitare di esporre il paziente al rischio di infezioni da Clostridium difficile e al rischio di riduzioni acute della funzionalità renale.
Per i pazienti che si sottopongono a procedure per le quali è indicata la profilassi con cefazolina ma che si dichiarano allergici alle penicilline bisogna fare alcune considerazioni.
Le cefalosporine sono strettamente correlate alle penicilline ed è possibile che pazienti allergici alle penicilline abbiano reazioni immunologiche anche alle cefalosporine.
L’Organizzazione Mondiale delle Allergie ha raccomandato di classificare le reazioni immunologiche ai farmaci in base ai tempi di comparsa dei sintomi.
Questo sistema definisce due grandi categorie di reazioni: immediate e ritardate.
Per i farmaci beta-lattamici, le reazioni più immediate sono IgE-mediate, e i termini “IgE-mediate” e “immediate” sono spesso usati in modo intercambiabile
Le cefalosporine dovrebbero essere evitate solo nei pazienti con una storia di reazione IgE-mediata alla penicilline.
Se il paziente risulta avere una storia di reazioni IgE-mediate alle penicilline le alternative alla cefazolina sono la vancomicina e la clindamicina.
I pazienti con anamnesi di intolleranza alla penicillina che si manifesta come una semplice eruzione cutanea possono essere trattati con una cefalosporina; le reazioni incrociate allergiche tra penicillina e cefalosporine sono poco frequenti, tranne appunto nei pazienti con gravi reazioni IgE-mediate alla penicillina.
I pazienti che riferiscono di essere allergici alla penicillina e nei quali non viene indagata la natura della reazione allergica, e, a priori, non viene somministrata cefazolina, ma che ricevono come profilassi antibiotici che rappresentano farmaci di seconda linea, per esempio clindamicina, vancomicina hanno un aumento del rischio di infezioni del sito chirurgico interamente dovuto al fatto di ricevere un antibiotico perioperatorio alternativo alla cefazolina.
Chiarire una storia di allergie alla penicillina in fase preoperatoria può diminuire il rischio di infezioni del sito chirurgico.
Per quanto riguarda l’utilizzo di routine della vancomicina nella profilassi antibiotica delle infezioni chirurgiche , la vancomicina può essere accettabile solo se ci sono state infezioni del sito chirurgico causate da stafilococchi meticillino resistenti o stafilococchi coagulasi-negativi resistenti alla meticillina nel presidio ospedaliero oppure se è noto che un paziente è stato colonizzato con Stafilococchi meticillino resistenti.
O ancora se il paziente è ad alto rischio di colonizzazione da stafilococchi meticillino resistenti, per un recente ricovero ospedaliero, perché residenti in case di cura, perché sono pazienti in emodialisi, o pazienti in terapia con farmaci immunosoppressori.
In questi casi una cefalosporina di prima o seconda generazione, dovrebbe comunque essere aggiunto per l’attività contro i microorganismi gram-negativi.
Per i pazienti allergici alle cefalosporine, si può aggiungere alla vancomicina, la gentamicina, la ciprofloxacina, la levofloxacina o l’aztreonam.
La vancomicina in profilassi si somministra per via endovenosa in dosi da 15 a 20 mg/kg.
La somministrazione di vancomicina deve iniziare 120 minuti prima dell’incisione chirurgica a causa dei lunghi tempi di infusione richiesti per questo farmaco.
Un infusione troppo rapida di vancomicina può causare la Red Men Syndrome, una reazione cutanea istamino-mediata che si verifica durante o subito dopo l’infusione di vancomicina. Il flushing solitamente coinvolge il viso e il collo, ma può coinvolgere tutto il corpo.
Bisogna evitare di somministrare dosi eccessive di vancomicina e somministrare il farmaco ad una velocità non superiore a 500 mg/ora. Alcuni pazienti richiedono una velocità di infusione ancora più lenta.
Quando si usa la vancomicina, una singola dose è generalmente accettabile dato il suo lungo tempo di dimezzamento.
In generale, anche per la vancomicina non è necessario ripetere il dosaggio antimicrobico dopo la chiusura della ferita.
Se la profilassi viene continuata oltre il periodo dell’intervento chirurgico, la durata non dovrebbe superare le 24 ore.
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